Maternità, Psicologia

L’intervento psicologico nell’infertilità

Nella Sindrome dell’Ovaio Policistico spesso viene sottovalutata l’importanza degli interventi di tipo psicologico, sia da parte dei medici, sia da parte delle stesse pazienti affette da PCOS. Si tende a dare estremamente importanza agli aspetti fisici e corporei e a non connetterli con gli aspetti psicologici, ciò vale per le implicazioni di tipo fisico – estetico, sia per quelle di tipo metabolico, ma anche per quelle che concernono l’infertilità. 

Già nei precedenti articoli “Infertilità: aspetti psicologici” e “Nessuno ci capisce: banalizzazione e solitudine nei percorsi di PMA”ho parlato di alcuni aspetti psicologici coinvolti nell’infertilità e nell’eventuale decisione a ricorrere ad un percorso di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). Visti questi aspetti risulta molto importante l’intervento psicologico, sia prima di un eventuale trattamento di PMA, sia durante ma anche dopo. 

E’ su queste tre fasi che voglio porre la mia attenzione e alle quali dedicherò 3 articoli, il primo dei quali, appunto, è dedicato a come può essere importante l’intervento psicologico prima di un eventuale trattamento di PMA, quindi quando la coppia prende consapevolezza del fatto che potrebbero esserci dei problemi a concepire, visti gli innumerevoli tentativi naturali falliti.

Le coppie che vivono l’esperienza dell’infertilità sono molto provate e manifestano malessere sia da un punto di vista individuale che relazionale, aspetto che riguarda non solo la relazione di coppia ma anche la relazione con le rispettive famiglie d’origine. Non riuscire a concepire un figlio rientra a tutti gli effetti tra gli eventi traumatici del ciclo di vita della coppia e, come tale, può compromettere la qualità del legame, ancor di più se la coppia aveva precedentemente delle “fragilità di base”. 

Una coppia che non riesce a concepire un figlio prova un profondo disagio, viscerale: è estremamente spaventata ed angosciata dall’idea di non riuscire a realizzare questo fortissimo desiderio. Inoltre, i ripetuti tentativi naturali e i conseguenti fallimenti aumentano sempre di più l’angoscia e la frustrazione, ci si sente “malati”, “difettosi” o comunque “diversi dagli altri”. Tutta questa serie di paure ed emozioni fortissime e contrastanti porta la coppia a chiedersi ossessivamente: “Perché proprio a noi?”.

Il supporto psicologico e il ruolo dello psicologo

Dopo innumerevoli tentativi falliti, la coppia (spesso dopo anni) si arrende e si rivolge ad uno specialista. Ed ecco che qui dovrebbe, il condizionale è d’obbligo visto che ahimè non è sempre così, inserirsi la consultazione psicologica, la quale permetterebbe di valutare la presenza di un eventuale disagio e, se questo sussiste, offrire un valido contenimento e supporto alla coppia. Se questo può sembrare quasi ovvio è opportuno chiedersi in che termini si sviluppa questa tipologia di sostegno.  

L’intervento dello psicologo in questa fase ha due obiettivi: il primo è quello di valutare se vi siano dei fattori psicologici coinvolti, magari antecedenti alla diagnosi stessa di infertilità, fattori che posso aver portato ad una “infertilità psicogena” o che hanno semplicemente contribuito alle difficoltà nel concepimento ; il secondo scopo è quello di affrontare le ansie, le paure, le emozioni relative a questa condizione, analizzando i significati che hanno nella specifica coppia (Cecotti, 2004).

E’ bene ricordare come non possa essere proposto un unico intervento psicologico: ogni coppia ha la sua storia, i suoi bisogni, diversi da quelli di un’altra coppia (Visigalli, 2011).

E così come ogni coppia ha le sue specificità, occorre tener presente di quelli che sono il vissuto ed il background specifico di ogni partner: è necessario prendere in considerazione sia i singoli partner nella loro individualità sia la relazione che intercorre tra i due e di come si incontrano queste individualità. Un intervento mirato deve tener conto e prendersi cura di questi due fattori, specifici di ogni storia: quello individuale e quello relazionale.

Ma quali sono i bisogni che le coppie manifestano quando si rivolgono ad un centro di PMA una volta che sono falliti gli innumerevoli tentativi naturali? Visigalli (2011) ne individua quattro, vediamoli uno per uno:

Parlare della propria sofferenza e del proprio disagio in seguito ai tentativi naturali falliti

 Innanzitutto la coppia ha bisogno di uno spazio di accoglimento e di contenimento, in cui possa parlare liberamente della propria sofferenza, individuale e di coppia, che sicuramente perdura da tempo. Sono rarissime le coppie che si presentano in un centro PMA dopo soli pochi mesi di tentativi naturali falliti. Il tempo non fa altro che aumentare sempre di più la frustrazione ed il dolore, a scapito del proprio benessere, della serenità della coppia e in genere delle relazioni con gli altri. Spesso le coppie si isolano nel proprio dolore, aumentando ulteriormente disagio e sofferenza.

Ricevere un sostegno durante le visite e gli esami

Il secondo bisogno è quello di ricevere supporto e contenimento durante le visite e gli esami. Per quanto riguarda gli esami l’attesa dell’esito dell’esito è di per sé fonte di ansia, in questo caso aumenterà lo stato d’ansia pregresso, oltre al fatto che alcuni esami possono richiedere una tempistica più lunga. Per quanto riguarda le visite, invece, queste possono suscitare imbarazzo, disagio, possono essere vissute come davvero intrusive, anche dalla donna abituata alle visite ginecologiche di routine. A maggior ragione questo disagio viene vissuto anche dall’uomo, poco abituato a fare visite così “intime”. In questa fase è molto importante la funzione contenitiva dello spazio psicologico, sia per la gestione dell’ansia, dell’impotenza che si prova in questi lunghi tempi di attesa, ma anche per la condivisione di quelle che possono essere le risorse della coppia, che vanno appunto nutrite e saranno fondamentali quando arriverà il momento della diagnosi.

Ricevere un sostegno al momento della diagnosi

Quando arriva il momento della diagnosi la coppia, da un lato ha paura, d’altra parte si aspetta che non ci siano grossi problemi e che si possa al più presto concepire un bimbo. Purtroppo si tratta di un’aspettativa a volte non realistica. La coppia può reagire in molti modi, in genere lo fa con delusione, shock, dolore, rabbia, senso di colpa, vergogna, ecc. Il compito dello psicologo è non solo quello di contenere queste emozioni, o viceversa di aiutarne l’espressione quando queste vengono difensivamente negate, ma anche quello di preservare la relazione di coppia e l’attività sessuale, questo perché la diagnosi di infertilità comporta un profondo squilibrio nella relazione di coppia sotto vari punti di vista (Vignati, 2002). 

Se facciamo un’analisi più approfondita si possono riscontrare delle reazioni diverse nella donna, nell’uomo e nella coppia. La donna spesso si sente inutile e difettosa, possono emergere dei sentimenti di rivalità ed inferiorità rispetto alle altre donne, spesso reagisce con l’isolamento. L’uomo reagisce spesso concentrandosi su altre attività, magari sul lavoro, reazione a volte non compresa che viene percepita spesso dalla partner come disinteresse ma che invece risulta essere una modalità difensiva per evitare il dolore. Gli uomini in particolare vivono una ferita narcisistica e possono sentirsi  impotenti e meno virili perché vanno a correlare la potenza sessuale con la capacità di procreare. 

Come già accennato, la diagnosi di infertilità mette a dura prova l’equilibrio della coppia: se da un lato possono emergere atteggiamenti di sostegno e protezione reciproci, d’altra parte può emergere una forte conflittualità o una sorta di “attribuzione di colpe” che minaccia pesantemente il legame. Quando la coppia poi ha già delle fragilità di base, pregresse, e il figlio era stato programmato per consolidare un legame già di suo poco solido, il mancato concepimento può diventare l’occasione per rompere la relazione.

Ovviamente le cose diventano più complesse quando la diagnosi non è quella di infertilità ma di sterilità: si tratta di una sentenza davvero dolorosa che ha delle profonde conseguenze sulla coppia. Qui è importante il ruolo di sostegno che le famiglie d’origine dovrebbero svolgere, se questo sussiste può diventare una risorsa preziosa per la coppia. Viceversa possono esserci da parte delle reciproche famiglie atteggiamenti di ostilità, pressioni varie, incomprensione.  Ad esempio i genitori potrebbero avere delle aspettative molto forti e fare pressioni sulla coppia o sul partner fertile per avere un nipotino. Oppure, ancora, potrebbero esserci dei genitori che non hanno mai approvato il distacco del/della figlio/a per cui la diagnosi di sterilità non viene vissuta con dolore ma con indifferenza, se non con serenità e leggerezza: queste reazioni ovviamente alimentano l’incomprensione, la conflittualità e la presa di coscienza di vecchi nodi irrisolti rispetto allo svincolo dalla propria famiglia d’origine. 

Condividere la scelta più appropriata dopo la diagnosi

 Dopo che è stata comunicata la diagnosi il medico può indicare di procedere con le tecniche di procreazione assistita. Se alcune coppie cominciano subito con le visite e le analisi, altre possono avere delle reticenze, per esempio per motivi religiosi o per pressioni esterne, in genere provenienti dalle relative famiglie d’origine.

Altro aspetto fondamentale è quello economico, si sa che si tratta di tecniche molto costose che non danno comunque la certezza di raggiungere il concepimento, questo impone alla coppia a dover fare anche molti sacrifici e rinunce rispetto anche alla propria vita di coppia. Il rischio è quello di “perdersi” tra visite ed esami trascurando le occasioni di intimità, di “leggerezza”, che nutrono la relazione a due.

Finora abbiamo visto come il ruolo fondamentale dello psicologo sia, prima di tutto, quello di sostenere e contenere le emozioni e i sentimenti potenti che la coppia prova di fronte alla diagnosi di infertilità o di sterilità, supportandola nella estenuante fase delle visite e delle analisi. Ma lo psicologo svolge un altro compito fondamentale: quello di connettere il problema della coppia al sistema in cui la coppia è inserita, specie alle reciproche famiglie d’origine, analizzando aspettative, pressioni, conflitti irrisolti, risorse. Detto questo è opportuno sostenere la coppia perché possa fare delle scelte, anche rispetto alle tecniche di procreazione assistita, in funzione dei propri bisogni e non di quelli altrui, indipendentemente da qualunque condizionamento esterno. 

Un occhio particolare va rivolto alla sessualità, spesso minacciata in caso di infertilità/sterilità. La coppia ha bisogno di riscoprire la sessualità non solo nella sua funzione procreativa ma soprattutto nella sua funzione di piacere reciproco, di unione e di intimità. 

Per quanto sia difficile la coppia, di fronte alla diagnosi di infertilità o di sterilità, deve raggiungere la consapevolezza del proprio problema, deve poter “toccare” il proprio dolore fino in fondo piuttosto che evitarlo e deve poter poi pensare ad una generatività di coppia che vada al di là del concepimento e degli aspetti procreativi in senso stretto.

Dott. ssa Laura Paulis – Psicologa Psicoterapeuta


Bibliografia

Cecotti M. Procreazione medica assistita, Armando Editore, Roma (2004)

Vignati, R. Il problema della sterilità nella coppia: una variabile imprevista, Benessere e Salute (2002)

Visigalli R. Sterilità e infertilità di coppia. Counseling e terapia psicologica, Franco Angeli, Milano (2011)