Maternità, Psicologia

“Nessuno ci capisce”: banalizzazione e solitudine nel percorso di PMA

In questo articolo vorrei dare voce ad alcuni aspetti emotivi e relazionali spesso trascurati quando si parla di infertilità e dei percorsi di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita).

Le coppie che vivono l’esperienza dell’infertilità e che di conseguenza decidono di intraprendere un percorso di PMA sono messe a dura prova da questo percorso e spesso si sentono lasciate sole non soltanto da chi prende in carico la situazione da un punto di vista prettamente medico, ma anche da un punto di vista psicologico, visto che raramente alla coppia viene proposta la preziosa opportunità di seguire un percorso di sostegno in tal senso. A questa solitudine percepita a livello dei servizi si aggiunge quella che coinvolge le relazioni più strette ed intime della coppia. Quest’ultima, infatti, può scegliere di “mantenere il segreto” come se l’infertilità fosse qualcosa di cui vergognarsi, perciò potrebbe decidere di non condividere la propria sofferenza con nessuno. Tale scelta rischia di ingigantire ancora di più il problema, di farlo diventare un tabù e di rendere ancora più incomprensibili alcuni “strani” atteggiamenti, alcune “inspiegabili” reazioni, gli scatti di rabbia, l’isolamento, il pianto improvviso.

A volte il segreto, il tabù, per certi aspetti coinvolge anche la coppia, intanto perché uno dei due partner potrebbe non essere d’accordo con la divulgazione del problema e quindi c’è un disaccordo su quello che può essere detto; secondariamente il dolore ed il pudore possono essere tali che i partner non parlano neppure tra loro di quello che sta succedendo, di quello che provano, delle proprie emozioni e delle proprie paure. A volte la donna percepisce questa “zona intoccabile” nel proprio partner e cerca di proteggerlo dal dolore non coinvolgendolo nelle visite, nell’assunzione dei farmaci, aumentando così il senso di impotenza e di reciproca solitudine, tutti aspetti che, alla lunga, possono allontanare i membri della coppia.

Altre coppie scelgono di parlare del proprio calvario, pensano e sperano di trovare conforto, protezione e comprensione dai propri cari, i quali però non riescono spesso a sostenere questo peso, questo carico emotivo che la coppia riversa su di loro. Questo succede in parte perché l’infertilità è una di quelle problematiche che per essere comprese appieno bisogna provarle sulla propria pelle, in parte perché si tratta di questioni ritenute socialmente intime e private e si ha paura di essere invadenti, in parte perché il problema non lo si percepisce proprio come tale, magari per scelte di vita differenti, insomma le spiegazioni possono essere tante, altrettante quante i diversi punti di vista delle persone coinvolte.

Da questo risulta spesso una percepita banalizzazione del problema da parte della coppia, vissuta già dalla presa in carico dei servizi e che si ripete un’altra volta nei contesti più prossimi: c’è chi reagisce ironizzando, c’è chi in imbarazzo cerca di incoraggiare, c’è chi cambia discorso, c’è chi pur sapendo “mette il dito nella piaga” condividendo allegramente e senza alcun tatto la scoperta della propria maternità o genitorialità imminente, c’è chi ti propone l’adozione “sai….con tutti i bambini che hanno bisogno ci potreste pensare no?…”, c’è chi non sa proprio cosa significhi fare un percorso del genere sia da un punto di vista fisico che psicologico perché un percorso di PMA è molto di più che prendere delle medicine e via.

Tutti questi aspetti portano entrambi i partner a sentire dentro di sé una vocina che dice “nessuno ci capisce….mi sento solo/a, ci sentiamo soli”.

Allora la soluzione migliore forse è non parlarne con nessuno? Tenersi tutto per sé? Se gli altri non mi possono capire perché parlarne? Che senso ha? No, non è la scelta migliore. Parlarne serve innanzitutto a voi, è utile a voi per alleggerirvi di una parte del peso, è utile a ridurre la vostra sofferenza, a combattere la banalizzazione e la solitudine che aleggiano attorno a questa problematica.

Parlatene, parlatene in primis tra voi in coppia. Qui mi rivolgo alle donne, coinvolgete il vostro partner nell’accompagnarvi ai monitoraggi e alle visite in genere, anche quelle in cui non sarebbe necessaria la sua presenza, chiedetegli di preparare le medicine per voi, di assistervi quando fate quelle maledette  punture. Questo non perché da sole non sareste in grado, ma perché aiuta voi ad avere un supporto, aiuta il vostro partner a non sentirsi inutile, aiuta la vostra coppia a rafforzarsi nel condividere il dolore di questa esperienza a partire dalle piccole cose, dai piccoli gesti. Non abbiate paura di ferire l’altro/a, il vostro partner ha bisogno di capire cosa provate, di condividere le forti emozioni che state provando, ha bisogno di sentirsi partecipe.

E non temete di dirlo alle persone che vi circondano, non dovete vergognarvi, aiutate chi vi ama a capire meglio cosa comporta questo percorso, quello che state provando, come vi sentite. Considerate anche la vostra “sensibilità” in questo periodo così delicato e prendete atto del fatto che probabilmente le emozioni che state provando risentono inevitabilmente del forte stress che state attraversando e del vostro punto di vista. Questo non vuol dire che dovete giustificare a tutti i costi il comportamento altrui a scapito del vostro dolore, ma considerate anche la possibilità che dall’altra parte realmente chi vi vuole bene non sappia cosa fare o cosa dire in questa situazione, come sia più opportuno starvi vicino. Forse scoprirete che non siete così soli come pensavate, vi darete l’opportunità di condividere la vostra esperienza, forse scoprirete che ci sono altre coppie vicino a voi che, esattamente come voi, hanno sofferto e stanno soffrendo. Forse scoprirete che anche tra gli operatori che prenderanno in carico il vostro doloroso cammino c’è chi questa storia la conosce molto bene e l’ha vissuta in prima persona.

E se davvero, infine, qualcuno accanto a voi non dovesse comprendere minimamente tutto quello che state attraversando beh,  non importa. Parlarne non servirà agli altri bensì a voi per non sentirvi soli e persi, per sentire meno carico addosso, per capire chi merita realmente di stare al vostro fianco.

Siate consapevoli della vostra forza, del vostro atto di coraggio, alleggeritevi di questo peso, non abbiate paura, non siete soli.

Autrice: Dott. Laura Paulis – Psicologa Psicoterapeuta