Psicologia, Sessuologia

Sindrome dell’ovaio policistico: quale sessualità?

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La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è, come altre patologie di origine fisiologico-organica, un quadro sintomatico altamente invalidante per la donna in età fertile; da un punto di vista strettamente fisico sono molti i sintomi (quali ad esempio l’irsutismo o il sovrappeso) che possono impattare in maniera rilevante sulla qualità di vita. Sappiamo bene come sindromi o quadri sintomatologici che abbiano a che fare strettamente con gli organi riproduttivi e sessuali (come per es. i disturbi da dolore sessuale o l’endometriosi), spesso possano essere vissuti con maggior imbarazzo, senso di vergogna e inadeguatezza.

In aggiunta, la PCOS impatta su aspetti sia riproduttivi (rischio di infertilità) che sessuali (calo della libido, deficit dell’eccitazione e dell’orgasmo, dolore sessuale).

Il fatto di esserne quindi portatrice può portare la stessa donna a investire la sua condizione di significati non propriamente positivi; ciò può influenzare dimensioni quali l’immagine di sé e corporea, l’autostima, ma anche quella sessuale e relazionale (per approfondimenti clicca qui).

A tal proposito, Hester Pastoor (Reproductive BioMedicine Online, 2018) in un recente studio, attraverso una rivisitazione di 1925 articoli sulla sindrome dell’ovaio policistico, ha evidenziato come le donne con PCOS fossero appagate da un punto di vista sessuale in misura minore ( grado di soddisfazione sessuale) delle donne non portatrici della sindrome.

Quali sono i disturbi sessuali più strettamente correlati alla PCOS?

Come evidenziato sopra, la sindrome dell’ovaio policistico può influenzare la dimensione della sessualità e del piacere in maniera a volte severa; quella sessuale è una dimensione molto delicata e complessa che risente di tutti quei vissuti positivi o negativi che possono essere collegati a patologie e alterazioni sia organiche che fisiologico/ormonali.

Sicuramente per quanto riguarda la PCOS gli aspetti endocrinologici/ormonali hanno il loro peso ma gli aspetti psicologici e legati ai vissuti emotivi sono altrettanto centrali.

I disturbi sessuali che maggiormente si riscontrano nelle donne con PCOS sono i disturbi dell’eccitazione (aspetto che di norma viene supportato dagli estrogeni) e quindi della lubrificazione. Ma possono essere presenti, altresì, disturbi dell’orgasmo o dispareunia (dolore) durante i rapporti.

Un calo del desiderio, anch’esso spesso presente, potrebbe essere secondario alle difficoltà di natura genitale (eccitazione e orgasmo).

Precisiamo che il ciclo di risposta sessuale è composto da quattro fasi (desiderio, eccitazione,  orgasmo e risoluzione) e che ogni fase può essere influenzata dalle altre; da un punto di vista clinico, i disturbi sessuali comportano un livello di ansia che cresce a partire dal disturbo dell’orgasmo per arrivare al disturbo del desiderio (Kaplan, 1992); in base a ciò, più la difficoltà sessuale avrà a che fare con la dimensione del desiderio più il livello di ansia sarà elevato.

La donna con PCOS che manifesta un disturbo dell’eccitazione e di conseguenza dell’orgasmo può adottare, per esempio, strategie per evitare i rapporti sessuali contribuendo di fatto a “congelare”, con il trascorrere del tempo, il desiderio stesso.

Ciò necessiterà, di conseguenza, un intervento terapeutico maggiormente mirato e strutturato.

Quali sono i comportamenti a livello sessuale che possono mantenere il problema?

  • Evitamento di situazioni a connotazione erotico-sessuale
  • Simulazione della risposta orgasmica
  • Spectatoring (autosservazione)

La donna con PCOS può iniziare ad evitare tutte quelle situazioni vissute come “minacciose” in quanto esigono un’esposizione del proprio corpo e una certa “performance” intima.

L’attività sessuale può ridursi fino ad una sua totale assenza creando, com’è facile comprendere, difficoltà relazionali e di comunicazione con il partner.

Qualora i rapporti sessuali vengano mantenuti può sussistere, per i motivi già detti, una difficoltà a “lasciarsi andare” (perdita del controllo) e quindi il manifestarsi di una incapacità orgasmica; “simulare” (o fingere) l’orgasmo così da appagare il partner può, per alcune di queste donne, essere la soluzione che mantiene il problema.

Infine, un terzo fenomeno è quello dello spectatoring (autosservazione) che comporta un continuo monitoraggio e controllo da parte della donna (ancora una volta l’aspetto del controllo è presente) durante il rapporto sessuale; nel caso della PCOS, la focalizzazione può essere sia sull’atto “performante” che su particolari “parti” del corpo, fonte di imbarazzo o vergogna, così da precludere un’esperienza erotica e di “piacere”.

L’ “Autofocalizzazione Erotica”

L’autofocalizzazione erotica (Meana, M. 2012) è un concetto interessante perché applicabile alle donne in genere ma anche a quelle “popolazioni specifiche” come le donne con PCOS; sottolinea come il fatto di sentirsi “percepita” quale soggetto erotico (e quindi attraente e sexy) agli occhi degli altri possa far sentire la donna come tale e quindi più predisposta all’incontro intimo-sessuale. Desiderare di essere desiderata può fare da motore e spinta per una maggiore valorizzazione e vicinanza all’Altro. In terapia sessuale il lavoro con la coppia è centrale in quanto permette la condivisione di informazioni con il partner circa la sindrome e lo sviluppo da parte dello stesso di un atteggiamento “facilitante” che possa favorire la vicinanza emotiva e fisica all’interno del rapporto.

Quale terapia sessuale?

La terapia sessuale mira alla risoluzione del sintomo tenendo conto della complessità della cornice all’interno del quale lo stesso è inserito.

Le prescrizioni (“compiti” da fare a casa) possono essere individuali o di coppia e hanno lo scopo di creare situazioni “nuove” atte a favorire il superamento della sintomatologia.

Ovviamente le prescrizioni cambiano in base al tipo di disturbo (desiderio, eccitazione, orgasmo o dolore) e al livello di ansia e distress che quest’ultimi comportano.

Tutto questo all’interno necessariamente di un modello integrato e multidisciplinare.

L’approccio biopsicosessuale, infatti, rappresenta il gold standard in ambito sessuologico anche per il trattamento di disturbi sessuali correlati a quadri come la sindrome dell’ovaio policistico.

Tale approccio si avvale della collaborazione del sessuologo con varie figure professionali (andrologi e ginecologi soprattutto, ma anche fisioterapisti del pavimento pelvico, medici psichiatri, endocrinologi, medici di base, nutrizionisti) e prevede quindi la capacità di lavorare in equipe per favorire il benessere sessuale individuale e di coppia e non solamente il ripristino del mero atto sessuale (Simonelli, Rossi, Fabrizi, Tripodi, 2019).

Autore: dott.ssa Silvia Lelli – sessuologa clinica Albo FISS

Riferimenti bibliografici:

Meana, M., “Sexual Dysfunction in Women”, Ed. Hogrefe, 2012

Kaplan, H. S., “I Disturbi del Desiderio Sessuale. Gli sviluppi teorici e pratici della nuova terapia sessuale”, Ed. Oscar Mondadori, 1992

Hester Pastoor, PhD Reiner Timman, PhD Cora de Klerk, Wichor M. Bramer, Ellen TM Laan, Joop SE Laven, “Sexual function in women with polycystic ovary syndrome: a systematic review and meta-analysis” Reproductive BioMedicine Online, October 19, 2018

Simonelli Chiara, Adele Fabrizi, Roberta Rossi, Francesca Tripodi, “Sessuologia Clinica. Diagnosi, trattamento e linee guida internazionali”, Ed. Franco Angeli, 2019